Fine Networks: a New Approach to Sustainable Urban Mobility Planning

Mosca

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In uno dei suoi ultimi libri, "Transport for Suburbia: Beyond the Automobile Age", l'esperto di mobilità sostenibile, l'australiano Paul Mees, presenta l'idea che ogni utente del trasporto è inevitabilmente anche un pedone a un certo punto del suo percorso. In realtà, nel corso della giornata, tutti finiscono immancabilmente per essere pedoni. Anche se solo per un minuto. Anche se solo per un breve tratto di strada. Per quanto riguarda le sue implicazioni e il suo significato, questa semplice e incontrovertibile verità è stata trascurata per decenni. L'elemento principale che accomuna la maggior parte, se non tutte, le città contemporanee è, infatti, la predominanza delle automobili su tutte le altre entità che vivono e si muovono nell'ambiente urbano.

Le dinamiche che hanno generato questa condizione diffusa sono diverse a seconda delle aree geografiche. Nei Paesi occidentali, la rapida crescita del possesso di automobili nella prima metà del secolo scorso ha innescato un cambiamento di priorità nei processi di pianificazione urbana, in cui l'attenzione si è spostata dalla persona all'automobile.

È ormai riconosciuto a livello internazionale che, dal punto di vista strategico, un approccio alla pianificazione delle infrastrutture di trasporto privato basato sulla massimizzazione della capacità veicolare è destinato al fallimento. Ciò è dovuto alla produzione di una rapida saturazione con conseguente congestione. Tuttavia, fino a poco tempo fa questo era ciò che accadeva nei dipartimenti dei trasporti e della pianificazione urbana, dove le esigenze delle automobili affamate di spazio venivano soddisfatte a scapito dello spazio pubblico e delle aree pedonali, sulla base di una progressiva espansione dell'area destinata all'uso automobilistico, sottraendo spazio sociale.


In opposizione a questa tendenza, nel mondo occidentale sta emergendo la consapevolezza dell'impatto che la massiccia presenza di veicoli ha su tutti gli aspetti della vita nel contesto urbano (ambiente, salute, economia, ecc.). Come diretta conseguenza, si stanno diffondendo a livello internazionale nuove strategie, politiche mirate e progetti di riqualificazione. L'attenzione si sta ricentrando sul rapporto originario tra spazio e movimento nella pianificazione urbana e dei trasporti; un rapporto che si è perso per anni a causa dell'erosione monofunzionale dello spazio urbano a favore dei connettori veicolari espressi, tipici della vecchia ingegneria dei trasporti di linea.


Nel quadro complessivo fin qui discusso, è altresì innegabile che l'idea di pianificare la mobilità sostenibile sia spesso associata a misure volte principalmente a favorire l'uso di modalità di trasporto non motorizzate, tra le quali la bicicletta è ovviamente la prima. La bicicletta - in tutte le sue possibili forme (a trazione umana o elettrica, privata o condivisa) - sta diventando la nuova protagonista della mobilità sostenibile, insieme ai sempre più diffusi sistemi di condivisione. Sebbene il conseguente aumento delle piste ciclabili e delle stazioni di mobilità su richiesta (anche se ancora raramente integrate in una visione veramente olistica su scala urbana, che permetta di sfruttare appieno le potenzialità del progetto) sia da lodare, è evidente come il tema della pedonabilità diventi raramente un tema centrale per i politici e i pianificatori, o anche per i semplici cittadini. Le misure di riqualificazione urbana o di pianificazione spesso riflettono la percezione (distorta) dei cittadini e dei politici, in cui il mondo pedonale è legato a movimenti non sistematici e al tempo libero più che alle attività lavorative, che sono invece associate a modalità in grado di garantire spostamenti più rapidi ed efficienti.

Location

Mosca

Client

Fine Networks: a New Approach to Sustainable Urban Mobility Planning

Main expertise

Data Analysis; Publications

PROJECT HIGHLIGHTS

  • Autori: Federico Parolotto, Francesca Arcuri
  • Pubblicato come Reti Sottili – Un Nuovo Approccio alla Pianificazione della Mobilità Urbana Sostenibile, in “AR Architetti Roma” – Rivista dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia, n° 113 Ottobre 2015

Our contribution

I movimenti pedonali sono alla base del concetto di mobilità, intesa come relazione dell'agente con il contesto in cui si muove. Mobilità significa creare una relazione con l'ambiente e sperimentarne gli effetti mentre si va da A a B. Questo è sempre vero, ma l'atto di camminare ci espone inevitabilmente di più e ci rende parte più attiva dell'ambiente circostante. Questo è uno dei motivi per cui la storia del camminare è la più complessa di tutte, anche nelle nostre città contemporanee.

In realtà, è ancora più complesso in contesti che non sono generalmente pronti ad accoglierla e promuoverla. Anche qui è necessaria una precisazione: spesso le città che oggi non sono in grado di assicurare ai pedoni una rete connessa di alta qualità, lo hanno fatto in passato. Esempi come Milano, il cui centro storico e l'antico tessuto urbano fuori dalle mura spagnole, costituito da cortili interni attraversati da passaggi pedonali, offrivano al pedone una lettura completamente diversa del reticolo stradale. Oppure, guardando all'estero, alla città di Mosca, chiaramente incentrata sulle automobili, dove isolati apparentemente fuori dalla scala umana nascondevano un ulteriore livello di camminamenti e spazi interni, posizionati a metà strada tra il pubblico e il privato; una serie di cortili che, prima di essere trasformati in parcheggi abbastanza legittimi in seguito all'esplosione del possesso di automobili all'inizio degli anni Novanta, fornivano connessioni altamente granulari a quei pedoni che volevano sfidare il clima e le distanze tipiche della capitale russa.


Queste reti, che potremmo definire "fini" in quanto prive di pesanti caratteristiche infrastrutturali, si basano piuttosto su sinergie funzionali tra gli elementi del contesto urbano. Sono oggi in fase di riscoperta: riemergono dove sono già in qualche modo esistenti e si generano, o si cercano, dove sono assenti.

Il concetto di rete fine, in riferimento al mondo della pianificazione dei trasporti, può arricchirsi di nuove possibilità reinterpretando la disciplina con gli occhi nuovi di chi vuole perseguire un approccio realmente olistico e multimodale alla progettazione di soluzioni per la mobilità futura.

Detto questo, la possibilità di intervenire direttamente su alcuni elementi della rete stradale, come i sistemi semaforici, apre scenari importanti per gli specialisti della mobilità, portando la questione, letteralmente e figurativamente, a un livello che è già parte integrante del contesto urbano - cioè la strada - ma cercando di riconfigurarla in base a una molteplicità di utenti, i cui flussi devono essere gestiti e ottimizzati in modo equilibrato.

Questo tipo di intervento favorisce l'emergere di una nuova lettura della griglia urbana, creando "reti sottili" che servono a ricollegare gli spazi della sfera della mobilità pedonale alla scala urbana.

La revisione delle fasi semaforiche, finalizzata alla ricalibrazione dei tempi di attesa per i pedoni lungo specifici percorsi, diventa la chiave per trasformare concretamente e significativamente l'ambiente stradale in un'area non solo centrata sulle automobili. Come conseguenza di una specifica distribuzione di funzioni, spazi e punti di origine e destinazione, i percorsi si sovrappongono e si intrecciano seguendo e accogliendo le linee di desiderio delle persone che si muovono all'interno dello spazio.

Questo concetto sottolinea un'indiscutibile differenza tra il mondo delle reti sottili e quello delle reti di trasporto tradizionali: le prime agiscono su un piano quasi virtuale, consentendo la creazione di relazioni e connessioni a valle e l'attuazione di misure minimamente invasive nella gestione della mobilità; le seconde, invece, si sono sempre basate sulla creazione, o sulla modifica, di infrastrutture, passando così da quella che è essenzialmente una manipolazione del tempo, a un'alterazione fisica dello spazio.

Agire sullo spazio delle nostre città - spesso già denso, e ancor più spesso rovinato dall'eccessiva infrastrutturazione dei decenni passati - lavorando su uno strato invisibile basato sul tempo che si avvale delle ultime tecnologie della nostra società digitale, come l'incredibile accesso ai dati, diventa parte integrante per rispondere alle esigenze di una mobilità sostenibile, che è la sfida dei prossimi anni.

Come esempio di come la comparsa di queste "reti sottili" si stia diffondendo, possiamo fare riferimento al progetto realizzato in collaborazione con il Dipartimento dei Trasporti di Mosca che, sostenendo una visione dinamica e innovativa della mobilità, nel 2014 ha richiesto uno studio per lo sviluppo di un piano urbano per rendere l'intera città pedonale e ciclabile.

Il lavoro del MIC-HUB si è basato su un intenso studio analitico delle condizioni esistenti, condotto attraverso analisi GIS, ottimizzando tutti i diversi strati informativi che influiscono sulla definizione dei collegamenti pedonali: barriere infrastrutturali, uso del suolo, intersezioni segnalate, attraversamenti pedonali, dati sugli incidenti, spazi verdi. Le informazioni sono state organizzate in un unico database e ottimizzate al fine di comprendere le criticità e le potenzialità della rete esistente. A seguito di questa prima attività, un insieme di linee guida applicate a una serie di punti focali ha permesso di completare il quadro necessario per creare un tessuto connettivo pedonale di alto livello, in termini di comfort, sicurezza e funzionalità.

Le misure di ridistribuzione e quindi di bilanciamento dell'uso dello spazio stradale, parallelamente a un'attenta sincronizzazione e revisione al ribasso dei cicli semaforici, hanno permesso di ridisegnare le connessioni delle aree della rete moscovita esemplificate.

Se consideriamo Roma, facciamo un salto geografico notevole. Lo spostamento, tuttavia, non è così consistente in termini di contesto, con riferimento allo status della città come una delle nostre metropoli più grandi e complesse, con evidenti problematiche legate all'utilizzo della rete stradale esistente. Allo stesso tempo, Roma è anche proiettata verso l'implementazione di politiche e soluzioni volte a proteggere gli utenti "vulnerabili" della strada. Entrambi questi tipi di misure, ovvero la segnaletica dinamica e i progetti per i collegamenti pedonali, potrebbero essere applicati in modo appropriato ed efficace nel caso del lungotevere romano.

Infatti, considerando il tratto sud-nord che da Testaccio porta fino a Tor di Quinto, quasi la metà dei ponti carrabili presenta una notevole discontinuità nella definizione dei percorsi pedonali lungo il Tevere. Per la maggior parte si tratta di intersezioni segnalate, caratterizzate da una progettazione condizionata alla circolazione espressa dei veicoli. Non assicurano l'attraversamento pedonale, se non a scapito di deviazioni significative rispetto alle coppie origine-destinazione dei pedoni, e di tempi di attesa che relegano l'esperienza del camminare in secondo piano rispetto alla continuità assicurata alle auto. Una riconnessione del tessuto urbano potrebbe essere garantita sia a est che a ovest del fiume, con un leggero intervento di gestione della mobilità del traffico e di semafori che reagiscano in modo dinamico e attivo, in base alla situazione della rete in tempo reale, e che, tecnologicamente, sono già a nostra disposizione.

È in questo contesto che si inserisce il progetto pilota sviluppato nel 2015 per il Centro AUDI per gli Studi Urbani e il comune di Somerville, Boston, MA. Come responsabili della strategia di mobilità, abbiamo lavorato nel contesto reale dell'innovativa tecnologia automobilistica della Greater Boston, che mette in rete i dati forniti dai veicoli in circolazione e dalle infrastrutture. Questa sinergia genera enormi possibilità di ottimizzazione dei flussi - e quindi anche dei tempi e degli spazi - attraverso un sistema di semafori intelligenti, che non solo impatta sulla ridistribuzione dei percorsi veicolari, ma anche sulla possibilità di dare priorità a tutte le altre modalità di trasporto (da quello pubblico a quello ciclistico), compresa la mobilità pedonale. L'obiettivo dichiarato è quindi quello di tracciare le reti sottili che sono presenti in ogni città, ma generalmente nascoste.

Sia il progetto di Mosca che quello di Boston sono caratterizzati dallo stesso obiettivo: tracciare nuove "reti sottili", che costituiscano la base di una nuova pratica progettuale legata allo sviluppo della mobilità urbana sostenibile.

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